Serata di grande giramento di maroni, ieri. E ci sono diversi motivi per i quali, anche stamattina, l’incazzatura non passa. Per brevità, annuncio che le cose che mi hanno arrabbiare sono il rigore subito, che definirei, con un eufemismo, generosissimo, e la prestazione del secondo tempo, parecchio sottotono, monocorde.
Cominciamo dal rigore, dicendo che, a nostro favore, rigori così non li assegnano mai. In realtà, non ho ancora capito perché lo abbia dato e, in giro, vedo e sento dotte interpretazioni mai univoche. Mi fa specie che alla Lazio siano stati concessi 14 rigori, di cui alcuni molto generosi, in stile Piemonte calcio. Sarà il peso politico di Lotito? Io sono un tifosotto da circolino ed il mio parere è influenzato dall’appartenenza, ma mi è sembrato più falloso l’intervento su Young, con l’avversario che prende sì il pallone, ma tiene la gamba alta e intercetta il piede del nostro esterno, che stava andando a gestire il possesso. Quest’anno è così, ma prima o poi questo schifo dovrà finire, così come l’asservimento dei principali media che, per rappresaglia, ho cominciato a seguire ancora meno del poco che li seguivo prima.
Per quanto riguarda la partita, le due squadre, nel primo tempo, si sono controllate con una leggera prevalenza dell’Inter, concretizzata dal gol di Ashley Young. La Lazio aveva preso il palo con Savic, ma aveva subito, oltre al gol, un paio di occasioni nerazzurre. Nel secondo tempo, complice anche il rigore inventato in apertura, non siamo riusciti a giocare con l’intensità necessaria. Non che la Lazio abbia fatto chissà cosa, ma si è difesa ordinatamente, senza affanni, ed ha colpito quando ne ha avuto l’occasione. Intorno al 70°, da una mischia, con Vecino che non è riuscito a rinviare sugli sviluppi di un salvataggio sulla linea di Brozovic, Savic ha infilato un Padelli non impeccabile, per il gol che non siamo riusciti a rimontare e che ci è costato la partita. Da quel momento abbiamo cominciato a macinare un gioco sterile, che non si vedeva dai tempi di Spalletti, senza essere capaci di quel cambio di passo che ti dà la possibilità di colpire l’avversario.
Occorrerà lavorare parecchio sull’involuzione del nostro gioco che, secondo me, non è causata dal fatto che gli avversari conoscono il nostro modo di giocare, perché lo conoscevano anche prima, quando li surclassavamo. Molto più probabilmente, la buona condizione, per esempio degli attaccanti, aveva mascherato i difetti strutturali della squadra dove manca gente capace di saltare l’uomo, dove gli interpreti della difesa a tre spesso non sembrano a loro agio, dove il centrocampo va spesso in sofferenza, incapace di garantire filtro e, allo stesso modo, assistenza alle punte. Intendiamoci, l’anno scorso, a questo punto, eravamo ad una montagna di punti dietro la prima ed oggi siamo lì vicino, per cui occorre rendersi conto che stiamo compiendo un percorso fatto di step successivi e che il tragitto non è ultimato, anche se siamo a buon punto. Qualche battuta a vuoto è fisiologica.
Sul fronte dei singoli, comincerei con il portiere. La presenza di Handanovic, ci ha fatto guadagnare punti, quando le sue parate oltre l’ordinaria amministrazione hanno negato il gol agli avversari. La sua assenza ce ne sta costando parecchi perché il buon Padelli, vuoi per limiti suoi, vuoi per la disabitudine alle partite, non è adeguato, in termini di efficacia e di sicurezza che dà alla squadra, alle ambizioni dell’Inter. Ieri, in un paio di occasioni non si è inteso con il compagno di difesa ed è uscito, quasi franandogli addosso. Ricordo che il rigore è nato da una circostanza di questo tipo. Sul gol di Savic mi è sembrato poco reattivo, anche se, a sua scusante, va detto che era coperto. La cosa che più mi preoccupa è che, mi sembra, non dia sicurezza ad una difesa che ha già i suoi problemi. I difensori, tranne De Vrij, protagonista di un’annata strepitosa, non sembrano a loro agio nella difesa a tre e peccano, oltre che nella fase di costruzione, che possiamo pensare non sia nelle loro corde, anche in quella difensiva. Se i giri a vuoto di Godin, vista l’età, potevano essere prevedibili, l’involuzione di Skriniar è preoccupante. Meno male che abbiamo trovato Bastoni, che si sta disimpegnando bene, anche se deve sveltire la fase difensiva. Auspicherei un maggior impiego di Danilone D’Ambrosio, che può assicurare copertura e spinta nello stesso tempo.
A centrocampo, quando cala Brozovic, che percorre 13 km a partita, che fa girare la squadra, ogni tanto segna e serve i compagni per la conclusione e salva sulla linea di porta, si spegne la luce. Secondo me stiamo pagando l’assenza del pluridegente Sensi, capace, nel suo splendido inizio di campionato, di tenere le fila tra centrocampo e attacco. Barella è molto generoso ed ha qualche colpo notevole, ma è umano anche lui, a Vecino manca sempre il soldo per fare una lira, ogni tanto ha l’acuto che, però, non cancella altri momenti in cui mostra mediocrità. Rimane il mistero (perché ormai di questo si tratta) Eriksen. Sapevamo che non era pronto, che al Tottenham aveva giocato poco, ma, dopo quasi un mese, mi aspettavo potesse avere un’autonomia maggiore dei 20 minuti scarsi finali. Speriamo raggiunga la condizione presto e dissipi i dubbi che stanno cominciando a sorgere: ad oggi, per quel poco che gioca, non mi ha impressionato per l’atteggiamento in campo, a parte qualche conclusione ed un paio di imbeccate.
Sugli esterni, Candreva è durato un tempo (buono, però), Moses non deve avere neanche capito dov’era, mentre Young il suo l’ha fatto, coronando con il gol una prestazione sopra la sufficienza. In attacco, Lautaro, sacrificato in copertura su Lucas Leiva, non s’è visto per tutto il primo tempo e non sono bastati un paio di buoni spunti, nella ripresa, per fargli meritare la sufficienza. Anche Lukaku, come Lautaro abbandonato in avanti dal resto della squadra, non mi è parso meritevole della sufficienza.
Adesso occorre rinserrare le file, cercare di eliminare la fastidiosa tendenza a giocare solo un tempo e affrontare i prossimi impegni, in attesa del match con gli incolori, dando fiducia a chi ha bisogno di giocare come Sanchez, Eriksen, D’Ambrosio, per trovare la rosa nelle migliori condizioni quando il momento sarà decisivo.