
Di Gian Mauro Costa avevo letto soltanto dei racconti, pubblicati nelle antologie “in giallo” della Sellerio. L’ambientazione, i personaggi, il modo di scrivere mi erano piaciuti e mi ero, già allora, ripromesso di leggere anche i romanzi dello scrittore palermitano.
Ho cominciato con questo romanzo, del 2018, che è il primo ad avere come protagonista la giovane agente di polizia Angela Mazzola. La ragazza proviene dal quartiere Borgo Nuovo, un ambiente non facile, e dopo la maturità ha deciso di fare il concorso e diventare poliziotta. La scelta è determinata dall’omicidio della madre di una amica e non può ritenersi comune nel rione dove aveva vissuto fino ad allora. Angela si mostra spigliata, curiosa e intuitiva ed è un personaggio verso il quale è impossibile non provare simpatia. È anche carina, cosa molto apprezzata dai colleghi, Santo Iovino in testa, anche se il suo desiderio di indipendenza le fa rifuggire i rapporti duraturi.
All’inizio della storia, vediamo Angela che si è appena trasferita in una casa all’Acquasanta con una terrazza panoramica, con vista mare. Nel suo nuovo nido, tra un calice di vino ed una sfiziosa pietanza, mette a punto la sua indagine clandestina su un fatto di sangue avvenuto qualche mese prima. Una parruccaia molto nota e stimata in città è stata trovata assassinata nel suo laboratorio. Dopo qualche mese, la nipote della vittima, vecchia compagna di scuola di Angela, rilascia un’intervista ad una giornalista, Sandra Passafiume, amica anch’essa della poliziotta, conosciuta ad un corso di degustazione di vini. La nipote lamenta il fatto che, dopo mesi, le indagini siano ad un punto morto.
Angela, non solo per solidarietà nei confronti della ex compagna, comincia a svolgere un’indagine clandestina, rischiando un aspro provvedimento disciplinare, anche perché si accorge che ci sono lacune e grossolani errori nelle indagini. Santo Iovino, in servizio alla Omicidi, le dà una mano, non si sa quanto consapevolmente.
Il romanzo scorre bene, la scrittura è gradevole e descrive ambiente (la magnifica Palermo, non solo nei suoi aspetti migliori) e stati d’animo in maniera mirabile. Il personaggio, come detto prima, induce empatia e positività. La ragazza del quartiere difficile che si fa una vita fuori dai binari sui quali, di solito, si svolge quella di chi non ha la fortuna di nascere in altri contesti e che mostra un forte desiderio di emancipazione, è un ottimo esempio e trasmette l’esigenza di politiche di incoraggiamento verso queste situazioni. La ragazza mantiene anche un solido legame con la famiglia, dando una mano quando necessario. Il titolo del romanzo scaturisce dalla teoria esposta dalla zia di Angela, dopo l’esito felice di un esame diagnostico per il quale la poliziotta l’aveva accompagnata in clinica. Alla notizia che non ha un brutto male, la signora dice: “Ogni giorno il Signoruzzo gioca con la moneta a stella e croce con ognuno di noi… La stella è quella della nascita, la croce quella della morte”.
Mi piacciono tanto, inoltre, i frangenti in cui Angela va al mercato a comprare il pesce per cucinarlo a casa o quando, nel tempo libero, si gode un buon bicchiere di vino inzolia in terrazza. In ciò vedo un po’ del Montalbano sulla terrazza di Marinella o in trattoria da Calogero e sento, da buona forchetta quale sono, un certo squagliamento delle papille.
Un romanzo che mi sento di raccomandare, non solo per le piacevoli ispirazioni enogastronomiche.
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