
Il romanzo da cui è tratto questo episodio, pubblicato nel 2017, è stato scritto nel 2015 ed è il primo dettato da Camilleri ad una collaboratrice, dato che la sopravvenuta cecità gli impediva di scrivere di suo pugno.
Sullo sfondo della storia, Vigata è in agitazione perché vi si sta girando un film da parte di una troupe svedese, proveniente da una cittadina gemellata con il centro marinaro siciliano. La parte più importante della trama è dedicata al ritrovamento, da parte di un ingegnere di origini vigatesi, di alcune pellicole girate, dal padre defunto, lo stesso giorno di ogni anno, dal 1968 al 1973. L’oggetto dell’inquadratura è sempre lo stesso: un vecchio muro esterno, probabilmente di una casa di campagna. I misteri, come si sa, incuriosiscono Montalbano, che comincia ad indagare, venendo a capo di un fatto di sangue di tanti anni prima.
Contemporaneamente, nella scuola media frequentata dal figlio di Mimì Augello si verifica un’irruzione armata e vengono sparati dei colpi. Anche in questo caso Montalbano e la sua squadra indagano, imbattendosi nel mondo dei social e scoprendo fenomeni recenti, come il cyberbullismo. Ci viene sottolineato come, di fronte ai problemi, sia meglio chiedere aiuto alle persone che ci stanno attorno, piuttosto che rivolgersi, in maniera generalizzata, alla rete internet.
L’episodio, pur non avendo la verve dei primi, mi è sembrato ben fatto e con una trama di spessore, che affronta anche fenomeni di attualità, dei quali è importante prendere coscienza. Mi è sembrata un po’ stonata e fuori contesto la parte del film italo svedese girato a Vigata. Ho trovato che ci fosse un eccesso di macchiettismo, forse messo lì per alleggerire, ma che non mi è risultato gradito. Un’ultima cosa, che vorrei dire da un po’ di tempo: basta con la scena di Catarella che va a sbattere contro la porta dell’ufficio di Montalbano. Troppo ripetitiva, alla fine stanca.