
Secondo romanzo di Gian Mauro Costa che leggo, dopo Stella o Croce (qui). Anche in questa storia, la protagonista è Angela Mazzola, poliziotta per vocazione, che cerca di affrancarsi dalle sue origini, nel difficile quartiere di Borgo Nuovo. La bella agente dell’Antirapine, dopo aver brillantemente risolto il caso dell’assassinio della parruccaia, viene momentaneamente spostata alla Sezione omicidi perché c’è del lavoro per lei: deve infiltrarsi nella vita notturna di Ballarò, di giorno storico mercato e di notte luogo della movida interetnica.
Angela deve raccogliere informazioni sull’omicidio, avvenuto qualche giorno prima, di Ernesto Altavilla, giovane rampollo dell’alta borghesia palermitana. Senza alcuna pista o movente, Angela comincia ad indagare a Ballarò, luogo che la sera diventa piazza di spaccio e ricettazione di roba rubata, in un contesto in cui vecchia criminalità locale e nuova delinquenza straniera, soprattutto africana, convivono. Il quartiere è pieno di locali etnici in voga e in uno di essi, quello dove, con un colpo di pistola, è stato ucciso Ernesto, Angela conosce Jamal e Shamira, due ragazzi nigeriani. Shamira è la donna di cui Ernesto era innamorato, mentre Jamal lavora come cameriere nel ristorante. È proprio il ragazzo a far conoscere ad Angela la realtà del suo paese di origine e l’organizzazione dell’Ascia Nera, una sorta di mafia nigeriana, che ha stretti contatti con la criminalità organizzata locale. Grazie alle informazioni raccolte, Angela viene a conoscenza di un furto di opere d’arte, non denunciato, in casa Altavilla e riesce a scovare il colpevole dell’omicidio.
L’indagine è l’occasione buona per Angela per dare una svolta alla sua carriera in polizia e la poliziotta si butta a capofitto nel lavoro, utilizzando metodi non sempre ortodossi, affrontando a muso duro le persone, in qualche modo, coinvolte, dando spazio al suo intuito e alla sua fantasia. Non dimentica mai, però, i colleghi dell’Antirapine, cui dà aiuto, ricevendo, in cambio, spunti importanti per la sua indagine.
Il romanzo mi è piaciuto. Ben scritto, come al solito, con una trama coinvolgente, ben costruita e non banale. Bella la descrizione della nuova Palermo multietnica, con aspetti di integrazione, ma anche cruda e violenta. Il personaggio della bella sbirra suscita empatia per la sua dedizione al lavoro, senza tralasciare il piacere di uno spaghetto e di un bicchiere di vino bianco, da sola o in compagnia, sulla terrazza della sua casa, all’Arenella. Una persona che, pur con le sue incertezze e debolezze, cerca sempre di emanciparsi, di mantenere l’autonomia conquistata e di godersi gli amici e la compagnia dell’inseparabile labrador, Stella.